LADRONATE ALL’INDIANA

“Bene signora, sarà meglio che attenda un attimo fuori finché non abbiamo ulteriori notizie sul suo furto” raccomanda il poliziotto in borghese, vestito in camicia a quadri, il pantalone khaki e l’infradito.

“Certo, ho capito. Di sicuro devo aspettare altre due ore.”

Anche il giorno prima era andata più o meno così. Ormai quasi rassegnata la signora Nimrat si prepara all’attesa su una panchina in una specie di giardino, accerchiata da piantine di rose rosse. È primavera e sono le 10 del mattino, la temperatura è ancora sopportabile.

Nimrat ha 54 anni e vive in Italia da più di dieci. È molto stanca e si è dimenticata di quanto potesse essere stressante avere a che fare con i suoi connazionali.

“L’Italia forse mi ha un po’ trasformata! Di una cosa però sono certa; in confronto all’India, è un paradiso.”

La donna si trova in caserma per via di un furto subìto dal suo stesso autista mentre tornava a casa. Era appena atterrata dall’aeroporto di Amritsar (una delle città principali del Punjab). L’autista era uno dei affittuari della donna e aveva creato con lei un rapporto d’amicizia quasi familiare, le aveva presentato circa un anno fa la giovane moglie e la figlia di 6 anni. La coppia era solita farle telefonate amichevoli in Italia e chiedere se avesse mai avuto bisogno di fare qualche cosa in India, sarebbero stati più che felici di aiutarla. Così la donna chiese il favore all’affittuario di farle da autista al ritorno dall’Italia, accordandosi sul prezzo.

La città di Amritsar nella regione del Punjab è ben conosciuta e visitata per tre cose in particolare: 1) Jallianwala bagh, ovvero il parco della città dove avvenne il massacro della gente civile nel 1919 da parte dell’armata britannica.

2)Wagah border, ovvero il confine tra l’India e il Pakistan.

3)Il tempio d’oro dei Sikh e questa fu la ragione che portò Nimrat a fermarsi qualche ora in quella città.

La donna portava appresso del denaro che le sarebbe servito per comperare mobili per il suo nuovo ristorante indiano nei pressi di Milano. L’autista era a conoscenza di tutto, anche di quanto fosse il denaro e dove fosse. Fidandosi ingenuamente di quell’uomo, era stata proprio Nimrat a confessargli tutto questo. L’autista era un gran ciarlatano e aveva organizzato un piano ben preciso alle spalle della donna.

Nimrat aveva perso il marito cinque anni fa per via di un tumore ed avendo un unico figlio emigrato negli Stati Uniti, era costretta a vivere e a viaggiare da sola. L’autista e la moglie, telefonavano spesso alla donna mostrando estrema compassione, in questo modo avevano avuto tempo e modo di misurarla.

Parcheggiata la macchina in una strada sgangherata nel pieno caos di Amritsar, Nimrat decide di portare con sé soltanto la borsa nella quale porta il denaro. L’autista le raccomanda di lasciare la borsa all’interno della macchina.

“Non si preoccupi signora, si fidi, se la lascia in macchina, stia certa che nessuno la toccherà!”

“Forse è meglio se la porto con me, non si può mai sapere…”

“Ma no signora, ci sono molte più probabilità che la perda lì dentro, ha idea di quanta gente c’è in quel tempio?”

“Beh in effetti, poi se devo fare anche il bagno nell’acqua sacra del tempio…ma si ha ragione, è meglio se la lascio qui. È molto più sicuro.”

“Ecco, chiudiamo bene e via.” Nimrat tira fuori dalla borsa soltanto il denaro per l’offerta al tempio ed entrambi si dirigono verso il luogo sacro.

Il tempio pullula di gente e all’interno il caldo sembra aumentare. Nimrat si separa dall’autista, dandogli appuntamento dopo un’ora esatta in un punto preciso. È necessario separarsi perché le entrate per gli uomini e le donne sono separate. L’autista, lontano dallo sguardo della donna, si svincola e ritorna dove ha parcheggiato la macchina. Fa una rapida chiamata ed aspetta. Cinque minuti dopo, si presenta un uomo con una lunga barba ed occhiali al quale l’autista apre il bagagliaio, fruga all’interno della borsa guardandosi intorno e tira fuori una sostanziosa busta bianca consegnandola all’uomo barbuto. Quest’ultimo fa un cenno con il capo e se ne va in fretta. L’autista chiude il bagagliaio e ritorna al tempio.

Nimrat dopo un’ora precisa esce dal tempio. Si rincontra con l’autista e si dirigono con la macchina verso casa.

Nimrat alloggia a casa di un’amica in Chandigarh e nell’istante in cui arrivano a casa, entrambi scendono e si dirigono al bagagliaio per i bagagli e la borsa che non è stata toccata fino al momento in cui Nimrat non la prende in mano. Per assicurarsi che tutto sia a posto decide di aprirla, mette la mano dentro e non trova la busta, ricontrolla ma niente. Impallidisce. Nel panico le cade la borsa di mano e tutto quello che c’è dentro.

“Non ci sono i soldi!! Dove sono? Non li trovo…”

“È sicura? Ha controllato bene? Devono essere proprio lì.”

“Ti dico che non ci sono, non c’è la busta nella borsa!” Dice mentre raccoglie le cose da terra.

“Controlli, controlli bene” e si precipita a terra anche lui.

Mentre l’autista raccoglie, Nimrat lo fissa per un momento e cambia espressione. “Sei stato tu!”

“Cosa?”

“Sei stato tu! Tira fuori i soldi, sei l’unico che sapeva tutto!”

“Ma signora, è diventata matta? Io?”

“Si tu!! La tua macchina non ha un graffio, nessuno li ha rubati. Tu li hai presi e li hai nascosti da qualche parte.”

“Ahah signora, mi controlli pure la macchina, le giuro che non ho presi i suoi soldi”

“Guarda che sarò pure ingenua ma non sono cretina. Io non ti lascio in pace finché non li hai tirati fuori.”

“Ahah ma come glielo devo dire? Ma ci conosciamo bene, ho una famiglia. Sono una persona onesta. Secondo lei mi metto a fare il ladro ora?”

“Eh certo, quella somma te la sogni. Non ce la fai a farla nemmeno se lavori sette anni.”

“Signora ti tiro fuori i bagagli e controlla pure la macchina ma non mi dare del ladro.”

Intanto esce fuori di casa l’amica di Nimrat e la sua famiglia. Gli viene spiegata la situazione ma l’autista continua a negare ed a un certo punto sale in macchina e se ne va.

La notte stessa, Nimrat e il figlio della sua amica si precipitano alla caserma, da dove vengono mandati via e gli viene detto di tornare il mattino dopo. Il giorno dopo alla denuncia seguono quattro ore d’attesa senza alcun risultato. Nimrat torna a casa stanca e sconsolata. Ha perso le forze assieme al denaro. Pensa a tutte quelle ore impiegate in diverse fabbriche, a quelle passate a pulire le case della gente, a quelle quando lavava i piatti nei ristoranti fino a notte fonda. Guarda i calli sulle mani indurite e ruvide e le si riempiono gli occhi di lacrime. Non si trattiene e si lascia andare di fronte all’amica, che la sostiene e consola.

“L’occidente non è una passeggiata, credimi. Io ne ho da raccontare. Una vita passata a lavorare e a sognare e quando arriva il momento di realizzare quei sogni, ti vengono portati via. Scivolano via senza che te ne accorgi.”

Il giorno dopo in caserma, seduta su una panchina in una specie di giardino, accerchiata da piantine di rose rosse, pensa se valga la pena aspettare lì. Sa bene a quanto sia pigra la burocrazia indiana, quasi come quella italiana.

Passano due ore, il figlio dell’amica le porta il pranzo e le dice di mangiare ma lei non se la sente. Ha chiamato il figlio negli Stati Uniti e gli ha spiegato tutta la situazione.

“Non ti preoccupare mamma, si risolve tutto, non ti devi stressare. C’è una mia cara amica che in questo momento si trova in Chandigarh, ti aiuterà a sistemare la faccenda.”

L’amica del figlio di Nimrat è un’americana di origini indiane, nata e cresciuta a Fresno in California ed è tornata in India per passare un mesetto di vacanze come tutti gli anni. Ha 25 anni e lavora come infermiera. Ha un aspetto grazioso, alta e snella, porta capelli lunghi sciolti sulle spalle, jeans stretti e strappati con una maglia attillata, pelle ambrata abbronzata ancora di più dal sole e occhialoni scuri, sembra una diva uscita dai film di Bollywood. Su richiesta dell’amico si presenta in caserma mezz’ora dopo, attirando lo sguardo di ogni individuo presente, compreso il poliziotto in borghese.

Simran riconosce la signora e le va incontro togliendosi gli occhiali da sole. L’abbraccia e si mette a sedere sulla panchina. Nimrat le racconta tutto e dice che deve aspettare l’arrivo di qualche altro poliziotto che spera abbia notizie sul furto. Intanto il poliziotto in borghese che è rimasto a guardare tutta la scena s’avvicina alle due donne.

“Signora, questa è sua figlia?”

Simran si alza e guardandolo avanza una stretta di mano. “I’m Simran, aunti ji’s friend. Almost like a daughter.”

Il poliziotto strabuzza gli occhi, forse non ha capito nemmeno una parola di quel che ha detto la ragazza ma le stringe la mano ugualmente.

“Oh….ok. Stiamo cercando di risolvere il problema. La signora non si deve preoccupare. Entro un’ora avremo il colpevole in caserma e succeda quel che succeda avremo i soldi indietro.”

“Ok, faccia del suo meglio. Grazie.”

Entrambe escono dalla caserma. Nimrat deve svolgere delle commissioni e simran l’accompagna. Mentre sono in giro nel caos di gente, arriva una chiamata dal poliziotto in borghese. “Signora abbiamo il ladro in caserma. L’abbiamo rinchiuso e gliene abbiamo date di santa ragione. Non vuol confessare. Dice che non è stato lui a rubarli. Ce la siamo mettendo tutta comunque.”

“Va bene, la ringrazio. Tra mezz’ora arriviamo in caserma.”

Nimrat mette giù il cellulare e soddisfatta racconta a Simran della telefonata “Dopo nemmeno 40 minuti lo hanno portato in caserma ma non vuole ancora confessare!”

Arrivate in caserma, vengono invitate nell’ufficio del poliziotto in borghese. “Prego, prego accomodatevi! Prendete un chai?”

“No, grazie.”

“Sedetevi, il nostro chai è molto buono. Lo dovete bere per forza, non rifiutate vi prego. Altrimenti ci offendiamo.”

“Va bene allora, se la mette così…” dice Nimrat.

L’ufficio è una stanza minuscola con tre sedie, un tavolo pieno di scartoffie, fogli e un bicchierino di vetro con due mosche appoggiate sopra, sporco dei residui di chai bevuto 10 minuti prima.

Il poliziotto continua “L’ho menato così tanto sulle gambe che mi si è rotto il bastone!!” Tira fuori da sotto il tavolo un bastone di legno rotto a metà e si mette a ridere. “Ora lo chiamo qui in ufficio e vediamo se confessa.” Dopo un secondo urla a uno degli uomini di portare giù l’autista.

Simran e Nimrat attendono in silenzio l’arrivo dell’uomo, quest’ultimo si trascina una gamba a fatica e si ferma davanti alla scrivania del poliziotto. “Tira giù i pantaloni!!”

L’autista esita ed abbassa lo sguardo.

Il poliziotto tuona “Tirali giù e muoviti!! In fretta!!”

L’uomo si sbottona i jeans davanti alle due donne e li abbassa.

Il poliziotto mostra alle donne gli ematomi che gli ha procurato. “Ecco vedete? L’ho massacrato ma non ha confessato niente.”

I lividi sono soltanto due e di un rosa pallido appena visibile.

“È stato lui a rubare i soldi. La sua macchina non ha nemmeno un vetro rotto! In più ha cambiato il numero di cellulare il giorno in cui è venuto a prendermi all’aeroporto” riferisce Nimrat al poliziotto.

“La prego, abbiamo verificato tutto. Ormai deve solo confessare signora.”

Nimrat non ha voglia di guardare l’uomo ed è irritata dalla sua presenza. Simran invece gliene ha dette di santa ragione sia in punjabi che in inglese. È di temperamento caldo ed ha attirato l’attenzione anche di gente fuori dall’ufficio.

L’autista è spettinato ed ha sul volto un sorriso abbozzato di chi è riuscito a farla franca e riuscirà a cavarsela in ogni caso. Quando gli viene fatta qualche domanda, risponde con un filo di voce a mento basso.

Alza leggermente la testa per guardare Nimrat “Signora io non so dove sono i soldi…”

Nimrat ha un espressione schifata e lo ignora totalmente.

Intanto un’altro caso si sta risolvendo all’interno dell’ufficio. Un uomo mingherlino e di bassa statura viene presentato da uno dei poliziotti. “Eccolo signore, è questo qua!”

Il poliziotto in borghese seduto sulla sedia fa il cenno con la mano all’uomo e lo chiama verso sé, facendolo sedere per terra.

“Ora tu mi devi dire chiaramente se l’hai visto oppure no, noi sappiamo la verità ma la vogliamo sentire da te. Dai!”

L’uomo ha un aspetto trasandato che indica una condizione sociale disagiata, si siede a terra con il viso fra le gambe. Non proferisce parola.

Il poliziotto spazientito, si toglie l’infradito del piede destro con la mano sinistra e comincia a sbatterlo in testa all’uomo seduto per terra. “Io non ti lascio andare a casa oggi, che questo ti sia chiaro. O parli o ti meno fino a farti perdere i sensi, decidi tu!”

Simran è chiaramente scioccata dal comportamento del poliziotto ma non osa parlare non conoscendo né il caso né il modo in cui viene trattato.

L’uomo a terra comincia finalmente a parlare e confessa il nome di qualcuno. Viene quindi accompagnato fuori e lasciato andare.

Certo che la scena dell’infradito ha qualcosa di tragicamente comico che rende difficile accettare un tale comportamento ma bisognerebbe vivere dentro quel sistema, quella società e capire forse il caso. Fatto sta che il modo in cui vengono risolti i casi, sono poco metodici. Viene usata più la violenza e meno i mezzi che possano procurare prove, forse quei mezzi nemmeno esistono e quindi si passa direttamente all’infradito.


“Scusatemi, questo andava proprio risolto. Mi ci è voluto poco però!” Il poliziotto compiaciuto si rinfila l’infradito con un’aria soddisfatta e con un fare innocente allunga il piede verso i sandali di Simran, sfiorandole le dita dei piedi. Simran accortasi alza lo sguardo disgustata verso il poliziotto, che la fissa con l’acquolina in bocca.

“Dunque tornando a noi” si rivolge all’autista dopo pochi secondi “che hai intenzione di fare? Dare indietro i soldi a questa signora è una tua responsabilità e in qualche modo lo devi fare anche se dici di non essere colpevole” e gli propone di firmare 3 assegni con la metà dei soldi e la metà da pagare in contanti entro il mese. L’autista acconsente non avendo alternative.

Concluso l’episodio in ufficio, l’autista viene mandato via e il poliziotto si rivolge a Nimrat “Signora ora tocca a lei offrirmi il chai!! Capisce di quel che le sto parlando no?” E si sfrega le mani sollevando entrambe le sopracciglia. Per chai il poliziotto intende una percentuale sul denaro della donna.