30 MINUTI DI VIAGGIO IN UN BUS INDIANO

Il controllore indiano, un uomo senza divisa, riconoscobile dalla voce che urla a squarciagola “Chandigarh, Chandigarh, bus per Chandigarh”, città capitale della regione Punjab e Haryana nel nord dell’India. Lui è fermo a terra mentre il bus comincia a trascinarsi pian piano. Gli chiedo dove posso fare il biglietto, mi fa il cenno con la mano indicando il mezzo che va a singhiozzo allungato e mi dice di salire. Salgo dalla porta posteriore e rimango ferma davanti a quella porta notando il bus pieno. Mi sento osservata dagli sguardi degli uomini seduti di fronte a me eppure sono vestita con un pantalone lungo, un maglione e la sciarpa a fiori regalatami dalla mia amica Sam, mi giro a guardare il resto del bus e noto la presenza solamente di due donne, il resto del bus è pieno zeppo di uomini.
“Deve fare il biglietto per Chandigarh?” sento la voce rauca del controllore di fianco a me.
“Sì”
“Quale fermata?”
“Non so esattamente….si chiama qualcosa chaunk (rotonda)”
“Si, tribune chaunk”
Estrae fuori il biglietto dall’aggeggio che tiene nella mano (una specie di pos)
“Sono 45 rupie”
Pago la mia quota sapendo che il biglietto costa molto meno (30 rupie), 45 rupie sono comunque meno di un euro. Più tardi vengo a sapere che i prezzi dei biglietti non sono mai fissi, variano in base alla volontà dei controllori.
Il prezzo viene aumentato anche in base all’abito che hai addosso, alla lingua che parli. La sfortuna dell’indiano che viene dall’estero gli riserva il trattamento migliore: il prezzo aumenterà dovunque in automatico!
I clacson suonano ogni secondo, il sistema di guida si basa praticamente su questi avvisatori acustici nella quasi totale assenza dei semafori e cartelli stradali.
I bus e camion tirano fuori dei veri e propri repertori di musica da clacson.
Arriviamo alla prima fermata, scende un po’ di gente, si liberano dei posti; mi siedo su uno di questi. Di fianco a me è seduto un ragazzo a cui chiedo la cortesia di avvisarmi all’arrivo della mia fermata visto la mia non praticità dei viaggi sui bus indiani; è un ragazzo striminzito con in mano uno di quei cellulari touch con cui si sta baloccando da tutto il viaggio. Mi dice che scenderà dopo di me quindi mi avviserà sicuramente. Dopo tre secondi mi chiede il motivo per cui scendo a quella fermata “è per lavoro o vai a studiare?” Sono abbastanza spazientita dal fatto che ogni secondo che passa costui cerca di avvicinarsi sempre di più fisicamente con il braccio e la gamba, sono parecchio irritata e gli dico nessuno dei due. Con la mano sposto il suo ginocchio dalla sua parte per fargli capire che ha abbastanza spazio da non appiccicarsi a me a tutti i costi. Capisce il gesto e si sposta di un centimetro. Gli atteggiamenti degli uomini che si girano per guardarti dritto in faccia ripetutamente per poi distogliere lo sguardo ogni volta che li guardi, sono parecchio irritanti per le donne che viaggiano da sole sugli autobus in Punjab. I loro sguardi dicono “sei una ragazza che viaggia da sola senza la protezione di un uomo, abbiamo il diritto di comportarci incivilmente”
Durante il viaggio sento un vecchio signore parlare al telefono e capisco che deve scendere alla mia stessa fermata. Per sicurezza gli domando se è la fermata esatta, mi dice di sì e scende dal bus non ancora fermo completamente, come altre due persone. Continuo a guardarli finché il bus non si ferma completamente, scendo e capisco che in India non è cambiato un cazzo.

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